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14 maggio 2003
 
zan.JPGL'entusiasmante vita del groupie

Per parlare della giornata di ieri non trovo di meglio che riportare un e-mail che scrissi l'anno scorso ad un'amica:


Ti racconto una cosa, ti dispiace? Ormai ho contratto questo bisogno patologico di mettere nero su bianco, che ci posso fare.
Dunque... ieri c'era Alex Zanotelli seduto qui dove sto digitando. Gracile e arruffato, completo di maglietta psichedelica, sandali malconci e zaino con 30 kg di libri (credo che siano gli unici suoi averi). In un altro contesto potresti facilmente scambiarlo per un barbone. Forse lo è. Forse è una rock star e non lo sa. Forse lo sa, ma non sa perché. Ti viene voglia di proteggerlo anche se avverti in lui una forza spaventosa: una mite forza d'acciaio.
Ero andato a prenderlo nel pomeriggio con Cecilia e un amico. Alex era stanchissimo, parlava con un filo di voce. Lui non si sottrae, non si nega mai. Si fa divorare dalla gente, qui come a Nairobi. E allo stesso tempo ha una fame insaziabile degli altri, dei "volti" come li chiama lui.
Sembra che crolli per terra da un momento all'altro e invece si interessa a ogni persona che incontra come se fosse l'unica al mondo.
Siamo andati a casa mia, abbiamo cenato con una dozzina di amici: parecchi atei, un paio di musulmani, qualche credente, qualcuno non lo sa neppure lui. Zuppa di pane alla toscana e sorrisi.
Poi l'incontro al Palazzetto dello Sport, con Alex che raccatta chissà dove l'energia per parlare quasi due ore davanti a un migliaio di persone tra cui potevi trovare il post/vetero/ex comunista, il verde, la suora, il nogglobbal, l'immigrato, il cattolicissimo. Per due ore non si è sentita volare una mosca.
E dopo ancora gente, ancora volti da guardare e ricordare. Fino allo stremo.
Al ritorno ho guidato a 70 all'ora in autostrada per stare un po' di più con Alex. Stamattina mi sono svegliato col mal di testa e una bella, terribile sensazione: per la prima volta in vita mia credo in un uomo. Senza riserve.




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